la donna cannone

Attraverso l’Arte verso l’Individuazione,

La donna cannone e la saggezza nell’arte, Testo e musica di Francesco De Gregori


1. Arte e individuazione

L’insegnamento spirituale è sempre stato trasmesso ad un livello superiore attraverso le sacre scritture, sostenute dalla relazione diretta con qualcuno che ne avesse non solo compreso il senso, ma lo avesse anche incarnato, un maestro realizzato. Tuttavia, quelle verità per molti di noi sono troppo astratte, avanzate, distanti dalla nostra esperienza; e così da sempre si è praticato un secondo modo di trasmettere l’insegnamento, relativo al cammino ed alla destinazione, ossia attraverso l’arte.

La verità infatti, dicono i saggi, viene nuda sulla terra, ma per potere essere guardata essa deve coprirsi, adornarsi e velarsi, per potere risultare accettabili e comprensibili agli uomini. L’arte così veste la verità con immagini, che la esprimono e la traducono, e quindi un po’ la velano e tradiscono; immagini che valgono più di mille parole, che possono parlare a livello letterale simbolico o anagogico di quello che ci interessa, di ciò che siamo, che vogliamo, di dove andiamo. Come dice Dante, “l’uomo solo da sensato apprende”; e così ad esempio nella Divina commedia Dante utilizza la poesia, la bella menzogna, per farci accedere alla nascosta verità, e così anche ogni opera artistica contiene e trasmette messaggi profondi che sono nascosti in superfice.

Questa è la vera funzione dell’Arte, ossia del teatro, della tragedia greca come anche della Divina Commedia, ma anche della musica e delle canzoni, delle poesia e di ogni immagine: in fondo l’intera realtà manifesta può essere vista come specchio della realtà immanifesta ultima assoluta. La funzione dell’Arte è di specchiare la vera natura misteriosa e senza forma dell’artista, la Creazione di essere  specchio del Creatore.

2. La donna cannone

testo e musica di Francesco de Gregori

Per esemplificare come un testo artistico, letterario, possa condurci sulla via del ritorno a casa, accompagnarci nel processo di separazione individuazione, ho scelto di commentare  una canzone nota a tutti gli italiani re spesso ancora trasmessa dai media, sebbene sia stata creata attorno al 1983

La storia racconta , se la leggiamo in senso letterale, di una donna che si fa sparare in cielo da un cannone per il divertimento del pubblico pagante di un circo immaginario. Per questa canzone si ritiene che l’artista abbia tratto ispirazione e da un articolo apparso su un giornale nel quale si parlava di un circo ormai pronto a chiudere i battenti per via della mancanza della sua più celebre attrazione che era scappata proprio per inseguire il suo amato. In una lettura simbolica, quindi, sarebbe l’amore umano, personale, la forza motrice che consente di portare avanti il proprio sogno, un amore coì forte da risultare essere la spinta decisiva per avere una vita differente dal normale. In questa lettura, l’ultimo treno starebbe a rappresentare la morte, per ritrovarsi alla fine da sola ad affrontare quel pericoloso sentiero, e perdersi in quel cielo nero nero.

De Gregori stesso tuttavia avrebbe dichiarato pubblicamente che le sue canzoni non hanno un’unica chiave di lettura. Confortati da questa indicazione, proviamo allora ad interpretare la canzone con una chiave diversa, una chiave di lettura anagogica, ossia diciamo così “spirituale”.

In questa chiave di lettura si fa riferimento alla conoscenza che lo yoga orientale ci propone sulla struttura del corpo sottile dell’uomo, dove si cerca con il respiro e la meditazione di purificare i centri energetici (chakra) e di portare l’energia ad un livello di attività e di coscienza superiori. In questa chiave dunque interpreteremo quelle immagini in senso alchemico, ossia come riferite al processo centrale del risveglio della coscienza, e della sua concomitante e sempre presente attività energetica, intensa purificatrice ed ascensionale, descritta nel conscio collettivo e nell’inconscio personale e nei miti simbolicamente come una ascesa al cielo, un fuoco che illumina e salva, un serpente che si alza e vola.

In questa chiave nel testo di questa canzone si può leggere con una buona chiarezza il processo di risveglio ed attivazione di questa formidabile energia, che esplodendo e percorrendo un condotto unico fa ascendere  amata ed amante oltre il confine della tenda del circo, per giungere nel grande cielo stellato.

Cosi seguendo il testo, e prendendomi la responsabilità di leggerlo in questa chiave, senza assumere per certo che questa fosse la intenzione dell’artista, vediamo cosa ci racconta questo bel testo musicale e poetico.

1. Un giorno getterò questo mio enorme cuore tra le stelle, un giorno giuro che lo faro

Poniamo la opportuna attenzione a come inizia questo testo. Un giorno: si inizia con una precisazione del tempo, del tempo giusto. Il tempo potrebbe essere domani, forse anche oggi, o meglio adesso; il tempo sarà giusto quando sarà il momento, quando il cuore sarà enorme: più che grandissimo, quindi.

La donna cannone è un mistero grandissimo, ed anche di più.

Io getterò questo cuore: è sicuro, lo giuro, mi dedico senza dubbio a questo atto, lo farò; sarò e già sono del tutto d’accordo con questo gettare, gettarmi, tra le stelle.

Tra le stelle di fuori e di dentro, nell’infinito del cosmo, nel mistero, tra di esse, circolando con esse, sarà uno con esse.

E “giuro che lo farò“, ossia sono dedicato totalmente, lo giuro; la canzone inizia con un giuramento. Questo è interessante: siamo di fronte ad un momento certamente di somma importanza.

2. Oltre l’azzurro della tenda nell’azzurro io volerò

L’azzurro è quello del soffitto della tenda del circo, ma anche l’azzurro della volta stellare, il grande cielo.

Qui l’artista ci sta proponendo una distinzione, una precisazione ed una correlazione: c’è un cielo di sotto ed un cielo di sopra, ed uno sconfinamento del primo nel secondo.

Nel cielo di sotto, nel circo del mondo, fatto di carne e di sangue, di stoffa umana colorata di cielo, di un cielo che ripete e vorrebbe assomigliare a quello lassù distante, ecco che noi abbiamo di qua, nel mondo incarnato, l’azzurro di un telone, umano, vicino, limitato.

Esso è una replica minore, ma anche più prossima a noi, e pertanto anche più fruibile, dell’azzurro del cielo lassù: quell’azzurro è uguale ma anche diverso,  è oltre,  è l’assoluto.

Qui l’autore ci sta dicendo della relazione tra questo cielo del circo, del teatro, della vita quaggiù, della divina commedia, con il cielo assoluto, il cielo visitato di persona, come nel Paradiso di Dante.

Ci sta dicendo che le cose stanno così, “così in cielo come in terra”. [1]

Nel dialogo sembra che sia l’autore che parla: io getterò il mio cuore … Tuttavia il soggetto muta continuamente, e lo vedremo meglio tra poco; così,  non si sa bene chi sia a parlare, quasi come se il dialogo fosse interiore, si svolgesse in realtà  nella coscienza, in sé e per sé. Egli ci dice che volerà, che vola: parla come se egli stesso fosse la donna cannone, che sta per volare, che volerà, che sta volando; ci racconta l’esperienza del volo.

3. Quando la Donna Cannone di oro e argento diventerà

Ed ecco introdotto qui il personaggio chiave del discorso, la donna cannone. Di chi si tratta?

Ella qui, già in queste prime frasi, sta raccontando una vicenda universale, misteriosa, enorme come dice il poeta. Sta raccontando di questa ascesa del femminile in cielo e del suo generarsi. Il testo infatti ci conduce per mano  ad esaminare la radice di questo processo, il divenire d’oro e di argento di questo femminile, che fondendosi e risalendo trasportano con sé in alto, nel cuore, nel centro, la coscienza individuale.

Il riferimento in questo inizio di canzone a questi due metalli, l’Oro e l’Argento, ci fa subito pensare alle due polarità tradizionali, di Sole e Luna, di maschile e femminile.

Vediamo qui subito, in inizio d’opera, e come prima figura esplicativa del processo, un riferimento simbolico ben noto a chiunque studi i processi di trasformazione della coscienza e dell’energia, ossia il riferimento ai due canali solare e lunare del corpo sottile umano (nello yoga detti Ida e Pingala).

Il cannone allora qui deve essere inteso come il canale centrale percorso dalla energia unificata, (nello yoga detto Shushumna), una energia che deriva dalla riunificazione, dalla unione dei due canali laterali.

Si tratta qui di un punto cruciale, che consente e produce questo esplodere della Shakti nell’uomo, per portarlo in cielo. Si tratta del viaggio supremo, del viaggio conclusivo e quindi anche ultimo, come vedremo adesso.

4. Senza passare per la stazione l’ultimo treno prenderà

Qui il testo si concentra nell’indicare  come smarrita la via di accesso, non individuabile alla vista comune. Questa via senza punto di partenza fisico individuabile, come una stazione,  farà percorre  questa via di morte e rinascita, questo volo. Questo è quel  treno che porta dove non si deve più viaggiare, dove finiscono i viaggi, alla finis terrae, a casa.

Si tratta di un ben strano volo, un “partire senza biglietto, senza biglietto volare via/ per essere davvero liberi non occorre la ferrovia”[2]. E si tratta di una ben strana ferrovia, poiché   questo strano volo non avrebbe un punto di partenza individuabile nel mondo materiale, per partire per questo viaggio non ci sarebbe la stazione da dove si possa prendere questo treno. Ed in effetti, a ben considerare, non ci sarebbe nemmeno la stazione di arrivo, essendo questo luogo un “non luogo”, al di là delle stelle. La via non c’è, o è smarrita? Roba dell’altro mondo, roba da matti. Come è possibile? Cosa ci sta dicendo il poeta?

Osserviamo che non si può prendere un treno senza che vi sia una stazione. A meno che …. A meno che non ci sia più nessuno che debba prendere un treno. Se il viaggio inizia quando tu finisci, ti dissolvi, vai oltre te stesso, il viaggio della transumanazione. Ecco che si parla dell’ultimo treno perché tu sei giunto alla fine, sei arrivato.

È morto qui colui che voleva viaggiare; ed è proprio così che ci si è ritrovati a casa, già arrivati.

5. E in faccia ai maligni ed ai superbi il mio nome scintillerà / E dalle porte della notte il giorno si bloccherà

Soltanto i buoni potranno fare questo viaggio. Soltanto dopo la purificazione finale Dante è puro e disposto a salire alle stelle; non sarà possibile ascendere prima di allora.

Ma a quel punto Lei, la donna cannone, verrà riconosciuta, si vedrà bene chi sia, si saprà il suo nome. Ed il suo nome è scintillante, pieno di luce e di stelle; lei è la via per le stelle, la via della luce, che ci porterà, oltre la continua alternanza di luce ed ombra, di notte e giorno, oltre il tempo.

Si parla di porte, di luoghi di ingresso, dalla oscurità alla luce; si parla di un “movimento verso”; ma qui non termina soltanto l’alternarsi luminoso, termina ogni movimento. Si entra in un giorno senza notte, si risiede nella chiara luce sempre sussistente, nella luce perpetua di cui ci parla la preghiera ai morti, la luce scintillante.

6. Un applauso del pubblico pagante lo sottolineerà / E dalla bocca del cannone una canzone suonerà

Siamo giunti ad un punto culminante, alla fine dei percorsi terreni: chi è arrivato qui ha pagato (il pubblico pagante applaudirà), e chi ha fatto il viaggio e pagato potrà riconoscerlo; gli altri no.

Ed una” musica celestiale”, un suono di ascesa, il rumore del razzo, l’om sempiterno, la “voce di mille tuoni”, il suono del silenzio, emergono da questa porta, dalla bocca del cannone.

Cosi il cannone non è qui uno strumento bellico che uccide altrui, ma rappresenta la via che consente la ascesa, il liberarsi di una grandissima energia , una esplosione che fa passare la palla pesante di piombo, ossia l’uomo ancora legato alla forza di gravità, dal fondo del cannone alla bocca da cui fuoriesce, liberato dal confine, avendo attraversato.

Ecco come si fuoriesce all’esterno, fuori, nell’infinito mondo celeste; grazie alla vibrazione cosmica, il suono, che manifesta questa rinascita, come un truono, un terremoto, il boato del cannone –  Shushumna che spara questa palla lontanissimo, oltre ogni confine.

La canzone descrive così la fase finale della ascesa, quando i due canali laterali, Ida e Pingala, si congiungono ed entrano nella bocca di sotto, Muladhara, e risalgono insieme come una sola cosa fino a Sahasrara, dove la Shakti si placa nel fondersi con Siva, e l’uomo mortale diviene immortale, uomo dio.

7. E con le mani amore, per le mani ti prenderò / E senza dire parole nel mio cuore ti porterò

Ed ecco che viene adesso descritta più da vicino la fase di ascesa e come aiutarla.

Qui il testo si riferisce ad una operazione di agevolazione della risalita sino al chakra del cuore, da Muladhara chakra fino al chakra del cuore, che potremmo intendere come Anahata (ma forse c’è un significato più profondo nel termine cuore).

Si tratta di una operazione fatta con amore, per amore, si va al centro del cuore; e questo sarà anche il luogo di partenza verso l’infinto stellare di cui ci parla al principio, dal cuore alle stelle.

Il testo dice che possiamo con le mani, operando, agevolare questa risalita, o questo andare in dentro, e che questa operazione accade nel silenzio, prima del piano delle parole e dei significati.

8. E non avrò paura se non sarò bella come vuoi tu

Il testo dice che questo presentarsi ed operare di Lei potrebbe non essere molto bello. Superando una interpretazione estetica, e rivolgendoci invece ad una lettura clinica, sappiamo bene come questi processi di attivazione della Kundalini, in psichiatria transpersonale sono letti come attivazione del canale centrale senza una sufficiente preparazione di distacco ed accettazione del processo di morte rinascita;

Lei parla come se fosse lui qui. Gli dice: non avere paura; ed anche io non avrò paura. Non sarà una passeggiata questa esplosione; ma se siamo uno, non c’è qualcuno che ha paura e qualcun altro che rassicura, e questa versione del testo lo spiega magistralmente. Non c’è distinzione tra loro due, ma qui non si tratta di personalità, di psicologia, bensì di transumanare, nulla di meno di questo.

9. Ma voleremo in cielo in carne ed ossa, non torneremo più…

Il simbolismo della ascesa del femminile sacro al cielo è un arhcetipo presente in tutte le religioni. Nella tradizione cattolica viene rappresentato ad esempio come Madonna Assunta in cielo, o come Madonna Incoronata.

Nella tradizione orientale questa forza che si sveglia e srotola e risale, questo fuoco che ascende viene raffigurato dal serpente che si erge, e che vola come Drago, ed ascende ai chakra superiori, quindi come Kundalini dormiente, attiva ed infine ascendente, tre forme di Shakti Kundalini.

Questi simboli stanno ad indicare un processo effettivo nella coscienza, che molti hanno sperimentato e raccontato, e si riferiscono quindi non solo a rappresentazioni psicologiche e simboliche ma ad esperienza trasformative sostanziali relative ai più elevati gradi di coscienza.

Con questa chiave anagogica di lettura potremo quindi interpretare questa donna cannone come il femminile che esplode, non in un cielo esteriore bensì interiore.

Si tratta in altre parole di quella energia che è dentro di noi, e che di base ci fa vivere, come “nostra vita” che cammina nel “nostro mezzo”, ossia nella coscienza individuale; e che quando si ravviva, quando si risveglia e si attiva, può accadere che possa salire al cielo interiore, in un processo così intenso trasformativo ed irreversibile che l’immagine della canzone ben ci descrive.

Si tratta, per chiunque lo abbia sperimentato, di un processo che assomiglia ad una esplosione, ad un qualcosa che ti fa scoppiare (in psichiatria spesso diciamo che uno è scoppiato), ad una botta in testa, ad un vedere le stelle appunto.

Dopo di che… voleremo in cielo in carne ed ossa. La salita al cielo col corpo è un tema archetipico, eterno, che ritorna ad esempio anche nella Divina Commedia. È chiaro che non si tratta di un viaggio astrale, o un sogno o una visione, ma che dobbiamo leggere questa ascesa in carne ed ossa come una trasmutazione completa, che coinvolge persino il piano fisico, la realtà umana, come nella resurrezione del Cristo, niente di meno. Si tratta di una morte ed una rinascita, una festa di Pasqua, di Resurrezione.

Qui infatti si parla esplicitamente del fatto che l’uomo voli: si parla di volo, di trasvolare, di niente di meno che di transumanare, superare ogni separazione.

Forse è per questo che Lei dice che anche se ci sarà paura, non importa, perché saremo uno, e questo sarà il propellente del volo. Un volo irrevocabile, una trasformazione irreversibile (non torneremo più), un parto di un nuovo essere che non potrà che compiersi sino alla fine.

A questo punto la canzone poi ritorna su sé stessa, con pause musicali, quasi ad incorniciare il ritornello, ossia la strofa melodica che ritorna, per cosi dire, che ridice, che sottolinea qualcosa.

10. E senza fame e senza sete /E senza ali e senza rete voleremo via

Sottolinea che si procede senza fame e senza sete, pur volando col corpo: ossia senza più Desideri. E sottolinea che senza ali si vola, ma non come fanno gli uccelli, con battiti alterni delle ali: qui si procede di moto continuo accelerato. E non c’è protezione, salvezza, si vola senza rete: un volo senza ritorno, ecco, così voleremo via. Ecco come si ritorna al centro del cuore.

3. A casa

Per finire, la strofa finale parla del trascendimento totale. Vediamo come.

Così la donna cannone quell’enorme mistero volò.

Non si può commentare né descrivere questo mistero sommo: siamo giunti al limite di possibile rappresentazione, come dice il Buddha, siamo giunti: “a l’alta fantasia qui mancò possa”, come dice Dante.

Tutta sola verso un cielo nero nero si incamminò

Dopo l’ultimo treno che si può prendere, non ci sono più tempo e spazio, destinazione, personaggi. Qui non c’è più immagine, soggetto o oggetti, non c’è più niente e nessuno. Questo essere soli è l’anticamera dell’Uno, il non vedere più, di uno, e di tutti, oltre questa distinzione.

Tutti chiusero gli occhi nell’attimo esatto in cui sparì

Siamo qui giunti oltre il tempo e lo spazio, come nell’Empireo della Commedia di Dante: qui non c’è più il mondo rappresentato, ogni distinzione è scomparsa, e non c’è più niente, non c’è più nessuno. Per questo poi segue:

Altri giurarono e spergiurarono che non erano mai stati li

Si giura di nuovo, come all’inizio: non c’ero più; all’inizio, è vero, c’ero ma dormivo, ero in uno stato di sonno, dal quale il risveglio mi ha salvato.

4. E poi

Così termina questo racconto breve, che riguarda il cammino e la meta, la salvezza da parte della Dea e il trascendimento di tutto, la Grande Liberazione.

E questo messaggio di speranza non è un messaggio perché uno solo si salvi, ma è universale, è per l’intera umanità. È un messaggio per tutti, come il Vangelo: la risalita al cielo dell’amore per tutti.

Una domanda che spesso mi vien posta è se l’artista fosse o meno consapevole di quanto c’è nelle sue opere; se sapesse quello che noi ora gli stiamo attribuendo, se voleva dirci proprio quello. Ebbene, io credo che nel caso di Dante la risposta è certamente si; nel caso di molti poeti, che de Gregori peraltro ridicolizza, forse la risposta sarebbe no. Nel caso del nostro cantautore, dopo quanto abbiamo visto insieme sembra proprio che egli parli per esperienza personale, e che quindi , come ogni maestro, sappia cosa dire e come dirlo, e sappia anche farlo passare per cosa leggera e bella, che ci rivolga con la sua bella canzone un invito delicato e profondo, che ce lo dica con ingegno e con arte.

Così, soltanto se noi sapremo riconoscerne la grazie e l’amore, quel messaggio come un bel fiore si schiuderà donandoci il suo nettare, altrimenti noi passeremo oltre, e canteremo per anni cose di cui non comprendiamo il senso, e lui anche così sarà con noi e ci allieterà nella nostra notte incosciente, e non ci disturberà. In fondo sono almeno quaranta anni che ha pubblicato questa canzone e la ascoltiamo ancora molto spesso e con piacere.


[1] In una canzone chiamata Renoir, di poco precedente, il testo dice: gli aerei stanno al cielo, come le navi al mare…

[2] Dalla canzone “Gesù Bambino”, F. De Gregori.

Post a Comment